lunedì 27 dicembre 2010

Il Gran Ciambellano del regno FIAT e i marchionniani locali

Sergio Marchionne, l'AD col pullover, conquista un'altra fabbrica all'extraterritorialità FIAT iniziata con Pomigliano. Anche Mirafiori farà parte del regno della FIAT (di "repubblica" penso non si possa parlare, mi pare più appropriata la definizione di "monarchia INcostituzionale")
Come a Pomigliano, anche a Mirafiori non si potrà scioperare, andare in bagno a fare pipì, non si potrà fare la pausa pranzo, si dovrà essere disponibili agli straordinari come e quando vuole l'azienda. Di più, a Mirafiori chi non accetta queste condizioni non avrà neppure diritto ad essere rappresentato nelle RSU aziendali, con ovvio riferimento alla FIOM.

L'obiettivo, è ovvio, è ridurre il costo del lavoro del 25%, altrimenti si porta tutto in Serbia. Insomma un vero e proprio ricatto. Più per dimostrare la propria forza rispetto ai lavoratori che altro. Il costo del lavoro incide sul prezzo di un'auto per l'8%: il 25% dell'8% è il 2%. La riduzione del costo del lavoro pretesa da Marchionne incide sul costo finale di un'auto per il 2%: molto meno di un qualsiasi incentivo STATALE. E del resto Marchionne nel 2009 ha guadagnato, in qualità di gran ciambellano della famiglia reale del regno FIAT, 4,78 milioni di euro (13.100 euro al giorno circa): dovrebbe cominciare lui a dare il buon esempio! Ma quello che più fa arrabbiare è che la ristrutturazione sociale che si vuole giustificare con la crisi economica e con un presunto costo eccessivo del lavoro in Italia avviene con il pieno consenso di FIM-CISL e UILM-UIL, che si limitano a chiedere un "referendum" (ma sarebbe meglio chiamarlo "plebiscito") da celebrarsi in condizioni di ricatto nei confronti dei lavoratori. Ma più di una perplessità la causa anche l'affermazione di Susanna Camusso secondo la quale "nessuno esclude lo sciopero generale, ma per ora a nostro avviso non ci sono le condizioni", rivolta agli studenti in lotta contro la riforma Gelmini, che probabilmente si aspettavano dalla CGIL un segnale ben diverso. Come preoccupa il fatto che la nuova segretaria della CGIL abbia sostenuto più volte che la FIOM non può continuare a collezionare sconfitte senza cambiare linea. E quale sarebbe una terza via fra Marchionne e la FIOM? O si accettano i diktat dell'AD della Fiat o non si accettano, tertium non datur.
Marchionne rappresenta l'avanguiardia di quella che una volta si sarebbe chiamata la "reazione padronale": usa la crisi come un tritacarne per destrutturare le relazioni sindacali e per liberarsi dall'inutile fardello dei diritti dei lavoratori e, forte di una temperie politica favorevole (si veda l'approvazione, senza grandi clamori, del collegato lavoro), sferza la Confindustria e denuncia il contratto collettivo nazionale. Del resto il ministro Sacconi, è notizia di poche ore fa, dichiara al Foglio di Giuliano Ferrara di essere il primo dei "marchionniani", mentre l'economista e senatore PD Pietro Ichino (già deputato del PCI... poi chiediamoci perché il PCI ha fatto la fine che ha fatto!) dichiara che la Confindustria non viene delegittimata dalla posizione di Marchionne in quanto il contratto nazionale serve ancora come "disciplina di default", dove non ci sono accordi territoriali o di azienda.
Intanto nel pistoiese il curatore fallimentare e l'amministratore delegato della MAS rifiutano di chiedere un ulteriore periodo di cassa integrazione in deroga per i 96 lavoratori ancora in forza all'azienda (che saranno quindi formalmente licenziati dal primo gennaio 2011), nonostante le pressanti richieste di sindacati e istituzioni. Non è dato conoscere la motivazione ufficiale. Credo che quanto scritto nel documento relativo alla questione della Federazione della Sinistra di Pistoia non sia lontano dalla realtà: "Sembra quasi che ci si ponga l’obiettivo di liberare l’azienda dalla “zavorra” costituita dai lavoratori: si tira a “fare cassa” garantendo ad un potenziale acquirente dell’area mani libere sulle future, eventuali, riassunzioni, infischiandosene di quella “responsabilità sociale” che la nostra Costituzione attribuisce all’impresa e del destino di cento famiglie pistoiesi". Ecco, ancora una volta, la crisi usata contro i lavoratori, contro i loro diritti, contro il loro futuro. Esattamente come Marchionne insegna.


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