giovedì 20 settembre 2012

Boeri, la "casta nascosta" e il silenzio dei pennivendoli

Qualche giorno fa il noto economista Tito Boeri, mentore della sinistra "riformista", "del cambiamento", "moderna" e tutte le belle parole possibili ha lanciato una proposta: che la contrattazione nazionale debba avere la possibilità di ridurre i salari per legarne l'aumento all'andamento aziendale. E' la stessa vecchia logica: socializzare le perdite privatizzare i profitti, la famiglia Agnelli docet, ma ovviamente viene spiegata con il fatto che così facendo i lavoratori, quella massa di vagabondi pecoroni, saranno più spronati a lavorare e a non mettersi in malattia quando gioca la Nazionale per conquistarsi gli aumenti di stipendio legati all'andamento dell'azienda.
Ovviamente potremo  provare a spiegare a Boeri che è difficile chiedere a persone assunte con contratto a chiamata per uno o due giorni di "affezionarsi" all'azienda e di essere produttive. Ma visto che Boeri probabilmente un giorno di lavoro in fabbrica in vita sua non l'ha mai fatto (chiamatemi pure demagogo, non mi importa nulla), credo che sarebbe esercizio difficile quanto inutile.
Contemporaneamente il Sole 24 Ore ci informa che i100 manager più pagati d'Italia hanno visto aumentare i loro redditi negli ultimi anni da 3 a 3,5 milioni/anno di media. Il bello è che praticamente tutte le aziende che guidavano nello stesso periodo sono andate in perdita. Secondo il ragionamento di Boeri quindi se le aziende vanno male i lavoratori devono subire riduzioni di stipendio mentre i loro manager percepiscono aumenti di mezzo milione a botta.
Due considerazioni: si blatera spesso di meritocrazia, che viene richiesta soprattutto riguardo ai dipendenti pubblici, massa di fannulloni fra i fannulloni. Perché con lo stesso metro non si misurano anche i manager, pubblici o privati? Mi si dirà: il manager di una impresa non lo paghiamo coi soldi pubblici. Vale la pena di accennare all'articolo 41 della Costituzione (non a caso non molto popolare di questi tempi), che testualmente dice: "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali". Se l'impresa premia chi la porta al disastro, mandando sul lastrico migliaia di lavoratori e le loro famiglie non reca forse danno alla libertà e alla dignità umana? non è forse in contrasto con l'utilità sociale?
L'altra considerazione: ovviamente tutti i grandi organi di stampa, legati non a caso ai grandi gruppi finanziari, si guardano bene dal definire questi signori "casta". Così nessuno si scandalizza dei loro stipendi da favola, anzi...

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