giovedì 3 novembre 2011

Economia vs Democrazia?

La moderna economia è ancora compatibile con la democrazia? Mi sono posto questa domanda per la prima volta a metà degli anni '90. Mi trovavo nei locali della facoltà di scienze politiche del'Università di Firenze e avevo in mano un volantino appena ricevuto da un militante dell'allora Sinistra Giovanile. Massimo D'Alema aveva appena pubblicamente invitato Romano Prodi a divenire il candidato del Centro-sinistra alla guida del governo in vista delle prossime elezioni. Una frase mi fece arrabbiare: si diceva che soprattutto Prodi piaceva "ai mercati, che, come si sa, votano ogni giorno". Mi fece arrabbiare perché ritenevo che un presidente del consiglio dovrebbe prima di tutto piacere agli elettori e non ai mercati. Tuttavia avvertivo in quella formulazione un che di ineluttabile.
Oggi, oltre quindici anni dopo (e che ci volete fare, sono "duro di comprendonio"), capisco meglio cosa mi faceva arrabbiare di quel volantino letto oltre tre lustri fa. In quel volantino si prendeva atto e si assumeva come postulato una cosa molto semplice, che stava già avvenendo: le regole dell'economia e quelle della democrazia stavano inesorabilmente entrando in conflitto. Che un moderno partito di sinistra, riformista, europeo e bla bla bla come aspirava ad essere l'allora PDS , avrebbe dovuto accettare l'ineluttabilità di questo processo, adeguarsi ed agire di conseguenza. Ecco perché la scelta di Prodi. Perché non entrava in conflitto con le regole dell'economia, che stavano diventando più forti di quelle della democrazia, o forse lo erano già.
Oggi, nella vicenda del referendum proposto dalla leadership greca sul pacchetto di "aiuti" europei abbiamo la prova e la conseguenza di quanto sopra. Uno strumento di democrazia elementare: lasciare che i cittadini di pronuncino con un "SI" o un "NO" non su una bazzecola (lo so, da noi il referendum è stato inflazionato dall'uso esagerato che ne hanno fatto i radicali) ma su una questione che riguarderà le loro vite per molti anni a venire. Sembra qualcosa di elementare. Invece cosa succede? che i mercati crollano dopo l'"annuncio-shock" di Papandreou ed esultano dopo l'ultimatum di Francia e Germania alla Grecia; succede che i commenti sull'inopportunità e l'inutilità di sottoporre a decisione popolare il pacchetto di aiuti europei si sprecano, da parte di esponenti del mondo politico ed economico (guarda caso). Pochi giorni prima Angela Merkel aveva ammonito: se crolla l'Euro (cioè una moneta controllata dalla BCE, che a differenza delle normali banche nazionali non è controllata da nessun governo, quindi da nessun organo espressione di una volontà popolare) nessuno può garantire altri 50 anni di pace in Europa. Attenzione, non ha detto se crolla la UE, ha detto se crolla l'Euro.
Credo anche che ci sia una qualche connessione fra questo processo e il clima di radicale antipolitica di questi anni. Identificare la politica con alcune delle sue degenerazioni: le auto blu, gli stipendi della "casta" eccetera, per far passare un messaggio semplice e dirompente. Il messaggio che dice: la politica non è in grado di risolvere i problemi, è solo un mezzo di promozione sociale per qualcuno. Il contagio dall'antipolitica all'antidemocrazia può essere rapido.
Del resto, nulla di nuovo sotto il sole: l'economia (e da marxisti sappiamo che la politica ne è sovrastruttura) è stata per millenni in antitesi alla democrazia. In tempi di risorse scarse non si può consentire a tutti il diritto di accaparrarsele. Per millenni l'economia è andata avanti con il lavoro degli schiavi, dei bambini. Per millenni la necessità del controllo sulle risorse è stata la causa di guerre dove sono morti in maggioranza proprio coloro che facevano parte delle classi che il controllo su quelle risorse non l'avrebbero mai avuto. In larga parte del mondo, fuori dall'opulento occidente è sempre stato così. Lo steso suffragio universale, strumento principe della democrazia, è una conquista relativamente recente. Prima si votava, guardacaso, in base al censo. Quindi nessuna meraviglia che, dopo una parentesi di relativo benessere economico generalizzato (nella quale - è bene ricordarlo - è stato lungamente presente nel mondo un modello alternativo di società immediatamente fruibile, quello socialista), nel momento in cui tale benessere viene messo in discussione, l'economia riacquisti il suo ruolo predominante quale determinante delle vicende ("vicende", non più "scelte") politiche, a scapito della ormai "inutile" e "dannosa" democrazia.

Nessun commento:

Posta un commento