lunedì 7 febbraio 2011

La tragedia e la farsa

Giunge voce di una mini-scissione dentro Rifondazione comunista organizzata dai compagni dell’”Ernesto”, guidati da Fosco Giannini, che transita armi e bagagli nel PDCI, pronto ad accoglierli. Non ho parole per commentare questa ennesima farsa. Sono disgustato, amareggiato, deluso… che altro? Beh, anche un po’ arrabbiato.




Il PDCI, alloggiato ed ospitato “a gratis” nella sede nazionale di Rifondazione comunista in Viale del Policlinico (probabilmente ha qualche problema a pagare l’affitto…), invece di lavorare alla costruzione della Federazione della Sinistra, si mette a cannibalizzare quello che resta del PRC. Pazzesco! Per fare cosa? I “mille” che transumano dal PRC al PDCI dichiarano pomposamente (e senza avere il senso della misura) di voler ricostruire il PCI. Loro forse sono sinceri. Diliberto (attuale portavoce della FDS, è bene ricordarlo) credo lo sia un po’ meno. Lui probabilemte aspira più modestamente a resuscitare gli antichi fasti del PDCI, che probabilmente non ha mai digerito l’abbandono della vocazione di “internità organica” al centro-sinistra.
 Un partitino ultraudentitario a parole che con questa ultra-identitarietà cercava di nascondere la sua (legittima, ci mancherebbe!) vocazione governista “senza se e senza ma”. Ricordiamoci che il PDCI è nato per questo. Il modello originario di un partito, ossia le circostanze e le ragioni della sua nascita, ne condizionano tutta l’esistenza, anche in anni più lontani. Ricordiamoci che pochi mesi dopo la sua nascita il PDCI, senza battere ciglio, continuò ad appoggiare il governo D’Alema che bombardava Belgrado, mentre Cossutta, con evidente ammiccamento al suo passato di “socialista-reale” si accreditava come interlocutore di un altro personaggio dal passato “socialista-reale”: Slobodan Milosevic. Mi chiedo cosa possa unire, da questo punto di vista, Giannini a Diliberto: ho l’impressione che quello che l’identitarietà (“identitarietà”, NON “identità”) unisce sia diviso dalla politica. Ma il Pdci è abile in questo: già da anni ha imbarcato coloro che fuoriuscirono da Rifondazione un anno prima di Diliberto e soci, la cosiddetta “Confederazione dei comunisti autorganizzati”, guidati da Giovanni Bacciardi, che uscirono per il motivo esattamente opposto a quello per cui uscì il PDCI: perché, nell’autunno 1997 il PRC di Bertinotti e Cossutta NON aveva fatto cadere il governo Prodi. Misteri della politica!

Comunque, a parte la disperazione per la sensazione di essere alle comiche finali, voglio provare a tirare un paio di conclusioni da questa vicenda, cercando di non indulgere troppo a quelle polemiche che andrebbero superate e soprattutto a quella autoreferenzialità che mi terrorizza:

1-Abbiamo buttato a mare una grande sfida storica: quella della rifondazione comunista, quella cioè della rielaborazione di un pensiero comunista per il XXI secolo e della ricostruzione di un soggetto comunista organizzato autonomo. Abbiamo fatto schifo, credevamo di essere gli eredi di una grande storia e invece ne siamo stati solo i liquidatori

2- Quanto crede il PDCI nella FDS? Secondo me questa vicenda dimostra (se ce n’era bisogno) che ci crede molto poco… perché ricordiamolo a chi se ne fosse dimenticato: PDCI e PRC fanno parte entrambi della Federazione della Sinistra. Oggettivamente “non è bello” lavorare con chi ti organizza scissioni in casa

3- Se il Pdci non crede alla FDS, che fine fa la FDS, che peraltro, ricordiamolo, non solo stenta a decollare in tutta Italia, ma in molte regioni non è neppure mai nata? Potrebbe esistere una FDS senza il Pdci? Credo di no. Un chiarimento si imporrebbe, con le conseguenze del caso.

4- Ma coloro che vorremmo rappresentare (i lavoratori) cosa pensano di tutto questo? Non oso pensarlo. C’è da sperare che non ne sappiano nulla. Da un certo punto di vista è una fortuna essere fuori dai mezzi di informazione…




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