giovedì 27 gennaio 2011

Riflessioni sul "Giorno della Memoria"

Di seguito riporto una rielaborazione (con l'eliminazione di qualche ridondanza "retorica" e con qualche riflessione in più) dell'intervento che ho tenuto in occasione della consegna delle Medaglie d'Onore a due cittadini della Provincia di pistoia internati nei lager nazisti:

Il 27 gennaio 1945 veniva liberato, ad opera dell’Armata Rossa, il campo di sterminio di Auschwitz. Oggi, a distanza di 66 anni,si ricorda una immane tragedia del passato per tentare di evitare nuove tragedie simili.

Credo che per commemorare seriamente le vittime della bestia nazifascista occorrano due sguardi: uno rivolto al passato ed uno rivolto al presente e al futuro. E' necessario il doveroso omaggio alle vittime della disumanità nazifascista, è necessaria una analisi ed un bilancio storico e politico di quelle tragiche vicende, ma è al pari necessario imparare a riconoscere, e a combattere, i semi e le manifestazioni dell'odio, della violenza, della disumanità che ancora infettano il mondo.

Il primo sguardo: quello rivolto al passato. Le testimonianze ed i ricordi di chi ancora è fra noi, prima ancora del lavoro degli storici, fanno sì che si possa dare un giudizio netto e definitivo, una condanna senza appello di quegli avvenimenti terribili. Una condanna che non può in alcun modo tenere conto di inesistenti attenuanti per nessuno dei colpevoli. E' bene essere chiari su questo punto. Spesso cediamo ad una sorta di propensione autoassolutoria che a livello di senso comune ci porta a credere che, tutto sommato, fermo restando il giudizio radicalmente negativo nei confronti del regime fascista, questo ebbe una intensità minore nelle persecuzioni contro le minoranze religiose ed etniche e contro gli oppositori politici. Che il fascismo italiano tutto sommato aderì controvoglia alla sciagurata avventura bellica e alle leggi razziali. Angelo del Boca, nel suo "Italiani brava gente?" ha descritto bene questa propensione italica. Occorre ribadire che, nonostante l’impegno eroico di tanti uomini e tante donne comuni, che rischiarono la loro vita per proteggere nascondere cittadini di fede ebraica, combattenti partigiani eccetera (persone che infatti nulla o ben poco avevano a che vedere con il fascismo) il regime fascista fu colpevole, al pari del nazismo, dei crimini perpetrati in nome di concezione del mondo basata sull’ideologia dell’odio e del razzismo, sulla perversa ideologia revanscista della conquista delle terre altrui, attraverso l’eliminazione o la riduzione in schiavitù delle popolazioni considerate inferiori, in nome di un osceno culto della superiorità di una razza eletta. Che la responsabilità dello sterminio di 6 milioni di uomini e donne di religione ebraica, di 23 milioni di cittadini sovietici, di mezzo milione di zingari, di migliaia di omosessuali, di Testimoni di Geova, di 71 milioni di vittime civili e militari della seconda guerra mondiale ricade anche sulla dittatura fascista italiana. Concetto questo che fu chiaro ai costituenti che vollero segnare in modo netto una cesura con il passato e che introdussero nella Costituzione il divieto di ricostituzione del partito fascista.

Il secondo sguardo deve essere rivolto al presente e al futuro. In tre modi: l'intransigenza nel condannare e nel denunciare tutti i fenomeni di organizzazione di gruppi che in modo più o meno aperto si richiamino agli ideali mostruosi che ispirarono quelle grandi tragedie. Su questo non possono esserci dubbi: la XII disposizione transitoria della Costituzione e la legge Scelba del 1952 sono chiare in merito: il fascismo nel nostro ordinamento è reato e non si possono invocare quei diritti e quelle libertà politiche per sé stessi quando si vorrebbero negarli agli altri. Non si può impunemente dichiararsi fascisti: se non basta il vincolo della propria coscienza, intervenga lo sdegno ed il ripudio da parte della società civile e, in ultima istanza, intervenga il rispetto della legge e della stessa Costituzione. Il secondo modo è quello del "dovere della memoria". Ricordare quelle tragedie, tramandare ai nostri figli, alle giovani generazioni, il senso del ripudio di quegli avvenimenti, i valori dell'antifascismo come religione laica della nostra Repubblica. Allo stesso modo in cui le generazioni che hanno vissuto quelle tragedie hanno cercato, trovando spesso poco ascolto, di tramandare quei valori e quegli ideali alle generazioni venute dopo. E nello stesso momento stigmatizzare e combattere l'affermazione di tesi revisionistiche o, peggio, negazioniste.

Il terzo modo è quello del condannare qualunque fenomeno, dovunque nel mondo, da chiunque sia perpetrato e da chiunque sia subito, di oppressione di un popolo, di predominio, di occupazione e sistematica eliminazione fisica di persone in ragione della loro appartenenza etnica, del loro credo religioso, delle loro convinzioni politiche o delle loro scelte di vita. Perché ancora oggi nel mondo permangono situazioni del genere, che certo non hanno l'intensità e i numeri dell'olocausto, ma hanno lo stesso segno di sopraffazione, di dominio, di eliminazione fisica. L'Olocausto non è stato un fatto isolato nella storia, che quindi non potrà ripetersi: quanti genocidi sono stati perpetrati, che magari non ricordiamo neppure? da quello dei Nativi Americani a quello degli armeni; dalle pulizie etniche nei balcani alle tante guerre etniche nel continente africano che noi generalmente sottovautiamo, a livello di senso comune, come scontri "tribali", che non ci riguardano, quando invece trovano le mosse spesso nel periodo coloniale (come la guerra civile ruandese degli anni '90), o nell'intervento criminale di multinazionali, per accaparrarsi le risorse di quel continente. Fino ad arrivare alla Palestina. Fu Primo Levi, non certo un antisemita, che disse "Oggi i Palestinesi sono gli ebrei di Israele".

Tenere insieme questi "sguardi" è il modo migliore per ricordare le vittime del nazifascismo. Tutte, nessuna esclusa.

Altrimenti, come ci ricorda Francesco Guccini nella sua Auschwitz, "saremo sempre a milioni in polvere qui nel vento". La lezione della storia non sarà servita e il genere umano, come un alunno svogliato che non ha imparato la lezione, rischierà di dover ripetere quella terribile, luttuosa, esperienza.




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