Ci affideremmo, in caso di una malattia grave ad un medico che ancora oggi seguisse la ormai superata "regola sanitaria salernitana" (quella che prevedeva apprlicazione di sanguisughe, trapanamenti del cranio ecc.)? Ogni persona di buon senso risponderebbe, senza esitazione, in modo negativo. Eppure qualcosa di simile sta accadendo per quanto riguarda il mercato del lavoro in Italia.

Il ragionamento che si fa è apparentemente di buon senso: visto che il collocamento pubblico e i collocatori privati (le Agenzie per il lavoro) insieme riescono a avviare al lavoro il 4% degli avviamenti totali e tutti gli altri seguono altri canali (passaparola, contatto diretto, bandi pubblici...) allora aumentiamo la platea degli intermediari , semplifichiamo gli adempimenti burocratici e così si moltiplicherano le occasioni per i lavoratori disoccupati. Ragionamento apparentemente di buon senso e in realtà ideologico e mistificatorio, nonché inefficace e vecchio come la cura che somministrerebbe un medico che seguisse ancora oggi la famosa regola sanitaria salernitana prima ricordata. Perchè i problemi che si trovano alla base di questo misero 4% rispondono ad almeno due ordini di motivi: il primo è che i Centri per l'impiego non si vedono riconosciuti, a quasi tre lustri dalla loro istituzione, un ruolo e competenze precise e mancano di risorse adeguate. Teniamo conto che la crisi ha aumentato a dismisura la platea degli utenti del CPI: non solo infatti sono aumentati i disoccupati, ma anche i lavoratori che devono seguire politiche attive del lavoro, come i cassintegrati in deroga che ormai da 3 anni aumentano ognio anno a ritmi di tre cifre percentuali.
Il secondo, più importante motivo è relativo al fatto che il problema non è quello del numero dei soggetti che fanno l'intermediazione fra domanda e offerta di lavoro. Il punto è di quante aziende cercano manodopera e di quanti lavoratori cercano lavoro. E' il sistema economico che crea posti di lavoro, non gli intermediari (pubblici o privati). Il problema è di sviluppo economico, non di servizi al lavoro.
E in Italia, non dimentichiamolo mai, è mancato per otto mesi il ministro dello sviluppo economico proprio in una delle fasi più acute della crisi, dopo le note vicende immobiliari di Scajola. E in Italia, non dimentichiamo neppure questo, si propone di inserire in Costituzione l'obbigo del pareggio di bilancio, cosa che, negando la possibilità di spesa in deficit per inserire "risorse fresche" funzionali alla ripresa del sistema economico, comprimerà giocoforza la domanda, alimentando il circolo vizioso caduta della domanda-diminuzione della produzione-disoccupazione. Questo non è comunismo è semplice keynesismo. E lascia allibiti l'atteggiamento di buona parte del centro-sinistra che non guarda con sfavore a tale possibilità, proposta per la prima volta negli USA dagli ultraconservatori del Tea-party, la destra repubblicana.
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