mercoledì 25 gennaio 2012

La rovina del Paese

Ci risiamo, dopo aver pianto in conferenza stampa quando annunciava la "riforma" delle pensioni, dopo aver dichiarato guerra all'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, la ministra Elsa Fornero, ne tira fuori un'altra delle sue. O, meglio, delle "loro", perché fosse solo lei in quel governo a pensarla così, potremmo stare più tranquilli. La ineffabile ministra ha dichiarato garrula che occorre abolire la cassa integrazione straordinaria e quella in deroga, facendo sopravvivere solo quella ordinaria.

Per chi non lo sapesse la differenza fra i tre tipi di cassa integrazione è la seguente: quella ordinaria riguarda le imprese oltre i 15 addetti per un periodo fino a 52 settimane e viene concessa per motivi legati alle esigenze del ciclo produttivo, a brevi e transitori "cali di lavoro" eccetera. Quella straordinaria riguarda le aziende con oltre 15 dipendenti, concessa per un periodo massimo di 12 mesi eccezionalmente prolungabile fino a 48 mesi, per gravi crisi aziendali, ristrutturazioni eccetera. Quella in deroga copre tutti gli altri casi. Ora, parlare di abolizione di due delle tre categorie della cassa integrazione (tra l'altro le due più legate alla situazione di gravissima crisi che attraversa il Paese: i dati confermano che i due ammortizzatori nel mirino della letale ministra piangente crescono ogni anno di percentuali ben oltre il 100% rispetto all'anno precedente, a differenza della cassa ordinaria, che cresce a ritmi molto più contenuti) è già di per sé una proposta semplicemente folle, se si considera il ruolo di tali ammortizzatori nel contenimento del tasso di disoccupazione e nel sostegno al reddito di moltissime famiglie. Parlare di abolizione della cassa in deroga significa "costringere" molti piccoli imprenditori a licenziare i propri dipendenti ogniqualvolta abbiano difficoltà a pagare gli stipendi o quando cala, magari temporaneamente, il lavoro.
Ma il punto è un altro: è chiaro che ormai il governo Monti ha dichiarato una vera e propria guerra, anche culturale, contro i lavoratori e i pensionati italiani. E' su di loro che viene scaricato il costo di una crisi nata, ricordiamolo sempre, dalla speculazione finanziaria sui "titoli spazzatura" e non certo dalle esose pretese del pensionato al minimo e o del lavoratore in cassa integrazione. Dopo essere passati nel tritacarne della crisi i rapporti sociali di un Paese ne escono sempre radicalmente modificati. Monti, la Fornero, il loro governo e pure la loro maggioranza parlamentare stanno alacremente lavorando affinchè le radicali modifiche siano in un senso anziché in un altro. Conducendo una offensiva politica e pure culturale, visto che organi di stampa come il Corriere della Sera, la Repubblica e pure il glorioso TG3 che fu di Sandro Curzi funzionano ormai da megafoni del governo. Una offensiva nella quale si mettono in contraddizione i cosiddetti "supergarantiti" (quelli cioè, ma come si permettono, hanno l'odioso privilegio di non poter essere licenziati se non per giusta causa) con i precari, gli anziani che dopo 35 anni passati in fabbrica campano a spese dello stato che riconosce loro (pazzesco!) una pensione da ben 900 o 1000 euro netti al mese contro i giovani che non trovano lavoro. Una offensiva in cui un viceministro si permette di irridere con toni da paninaro fuori tempo chi si laurea a 28 anni, magari perché nel frattempo, non essendo figlio di papà come il viceministro di cui sopra, ha dovuto fare lavoretti di ogni tipo per pagarsi le tasse universitarie, i libri eccetera.
Una offensiva volta a far passare il concetto che la responsabilità della crisi sta nell'intollerabile livello di spesa sociale, che, su ordine della BCE e del FMI va falcidiata. Perché se si vuol far pagare a lavoratori e pensionati il prezzo della crisi bisogna convincerli che essi e non altri sono la rovina del Paese

Nessun commento:

Posta un commento