venerdì 21 ottobre 2011

Paolo, sei tutti noi!

Carlo Giuliano non era un eroe. Come recita la famosa scritta sulla targa stradale di piazza Alimonda, Carlo Giuliani era, prima di tutto, un ragazzo. Un ragazzo di venti anni o poco più che partecipava ad una manifestazione. Una ragazzo di venti anni o poco più che, quando la manifestazione è stata letteralmente "aggredita" dalle foze dell'"ordine" (nella cui centrale operativa era presente, a supervisionare, tale Gianfranco Fini, attuale Presidente della Camera dei deputati a cui buona parte del centrosinistra oggi fa la corte), ha perso la pazienza e ha risposto pan per focaccia, decidendo di lanciare un estintore contro la camionetta dei carabinieri dalla quale, probabilmente, tale estintore era uscito. Era un estintore, prima di tutto, non una "spranga". Ma probabilmente Carlo non aveva partecipato alla manifestazione né con l'intenzione di tirare quell'estintore ai carabinieri, né con quella di diventare un "eroe". Probabilmente, come tanti giovani e meno giovani in quel giorno di oltre dieci anni fa, voleva solo griudare la sua rabbia contro i potenti della terra, voleva solo dare il suo piccolo contributo a quell'"altro mondo" che allora sembrava essere "possibile".
Carlo Giuliani, quel 19 luglio di dieci anni fa non su solo ucciso. Su di lui si sono sfogati i peggiori istinti della destra nostrana e di certo becerume massmediatico. Nelle prime ore dopo il suo assassinio se ne parlò come di un ragazzo di strada, un "punkabbestia", come se sparare nella testa di uno che sta in giro con i suoi numerosi cani e passargli sul corpo due volte con un Defender fosse meno grave. Non so se Carlo fosse un punkabbestia. E se anche lo fosse stato? Carlo invece ha avuto la "fortuna" di avere due genitori di un certo livello socio-culturale (e di una dignità impressionante, due giganti di umanità, a confronto dei miserabili che infangano la memoria di loro figlio) che hanno potuto rendere giustizia alla sua memoria. Oppure lo sconcio delle versioni sulla sua uccisione, insulto oltre che alla memoria di Carlo Giuliani, all'intelligenza del popolo italiano: ucciso da un sasso tirato dai manifestanti, anzi no, il sasso ha deviato il proiettile sparato verso l'alto; ad ucciderlo è stato un militare di leva, ma forse no, visto che poi lo stesso militare di leva ha negato di aver sparato. E poi, l'uccisione di Carlo Giuliani è stata la vicenda più grave di una serie di violenze indicibili perpetrate nei confronti di manifestanti per lo più inermi, con i black block liberi di scorrazzare, con i vertici delle forze dell'ordine che fabbricavano prove in proprio e che probabilmente, vista la vittoria elettorale del centrodestra, ritenevano di avere le mani più libere. Avevano scambiato le sciagurate elezioni italiane del 2001 per un colpo di stato latinoamericano degli anni '70.
Ecco, Carlo Giuliani, ragazzo che suo malgrado è diventato una icona del movimento, per tutto questo, merita oggi di riposare in pace. Non merita che personaggi come Alessandro Sallusti (nipote di un ufficiale della RSI... certo non è colpa sua, ma chiarisce il contesto familiare), direttore dell'organo di stampa di casa Berlusconi, continuino ad infangarne la memoria e a parlarne a sproposito. E certamente non merita che un simile personaggio si permetta di dire che "ha fatto bene" quel carabiniere a sparargli. Come si può dire che è bene che si sia sparato a un ragazzo di venti anni? Come può invocare l'esecuzione sommaria di un ragazzo chi invece si straccia le vesti per le persecuzioni giudiziarie nei confronti del suo padrone, per il quale sono necessarie e dovute tutte le garanzie possibili e anche quelle impossibili? Per questo ho quasi gioito al liberatorio "vaffa" rivoltogli da Paolo Ferrero l'altra sera a Matrix. Come dire "ma che ti spiego a fare? siccome l'unica cosa che capisci è la violenza di chi "fa bene" a sparare e massacrare i manifestanti, è inutile perdere tempo a spiegarti cose che non puoi capire... quindi vai a cagare". Un invito che anch'io sentivo il bisogno di rivolgergli ma non avevo la possibilità di farlo. Mai come in questo caso è vero: "Paolo, sei tutti noi!".

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