mercoledì 13 luglio 2011

E noi, faremo come l'Islanda?



"E noi faremo come la Russia" era un verso della canzone di lotta "Le otto ore". Scritta in un epoca in cui quel grande e freddo paese rappresentava un esempio per le masse lavoratrici di tutto il mondo. Oggi, cambiati i tempi, dobbiamo accontentarci dell'esempio che viene da un paese ancora più freddo e anche molto più piccolo: L'Islanda, con i suoi 310mila abitanti (poco più della provincia di Pistoia) su 100mila chilometri quadrati (un terzo dell'Italia). Non so se ciò che è sucesso in Islanda possa essere definita una rivoluzione, certo è che i media hanno operato, nei confronti delle notizie che provengono da quel Paese, una scientifica censura. Eppure non è che gli avvenimenti di Reykjavik, fatte le debite proporzioni, siano stati meno dirompenti di quelli del Cairo o di Tunisi. Anzi!

Ma che è successo in Islanda? Nel 2008 la Landsbanki e altri due gruppi bancari islandesi falliscono. Tali gruppi, attraverso i conti online aperti da cittadini brittannici e olandesi e vari altri "giochini" finanziari avevano accumulato un bel debito. L'Islanda si trova così insolvente nei confronti di Gran Bretagna e Paesi Bassi per circa 120 miliardi di euro (10 volte il PIL annuo!). Cosa decidono di fare gli islandesi? di accettare supinamente una manovra economica "lacrime e sangue" come ci accingiamo a fare noi? Niente affatto. Intanto vengono nazionalizzate le principali banche per evitare in futuro nuovi danni della speculazione. In seguito il governo propone il pagamento del debito, per assolvere al quale l'Islanda avrebbe dovuto "tirare la cinghia" per 15 anni. Il popolo non ci sta, torna in piazza e chiede di sottoporre a referendum il pagamento del debito. Il referendum si tiene nel marzo 2011 e i "no" ottengono il 93%. Nel frattempo, il Governo ha disposto le inchieste per determinare giuridicamente le responsabilità civili e penali della crisi. Vengono emessi i primi mandati di arresto per diversi banchieri e membri dell’esecutivo. L’Interpol si incarica di ricercare e catturare i condannati: tutti i banchieri implicati abbandonano l’Islanda. Perché sono i responsabili del fallimento, giustamente, a dover pagare, non i lavoratori islandesi. Nel frattempo viene eletta una Assemblea costituente con il compito di redigere una nuova costituzione, cui i cittadini possono proporre emendamenti on-line tremite social network (beh, questo è facile per un paese come l'Islanda, per un paese di 60milioni di abitanti sarebbe un po' demagogico...ad ogni modo, visto che, come ci ricorda il signor B, la nostra è una costituzione "bolscevica", direi che quello della riscrittura della Costituzione è un passo che ci possiamo, anzi, che ci dobbiamo, risparmiare).

E dal punto di vista economico quale è stato l'effetto di tutto ciò? Embargo nei confronti dell'Islanda? Inserimento dell'Islanda nel novero dei "paesi canaglia"? invasione dell'Isola da parte delle forze della Nato? Niente affatto. Probabilmente anche per la ridotta demensione del paese, nulla di questo viene fatto (probabilmente costerebbe molto di più del credito che si potrebbe recuperare! L'importante è che l'esempio non venga seguito, per questo non se ne deve parlare). Al contrario lo stesso FMI riconosce che il fallimento delle banche ha rivitalizzato l’economia nazionale, in quanto le imprese hanno potuto finalmente accedere al capitale privato e a quello dello Stato, trovando risorse integre per riorganizzarsi e ripartire. Gli investitori mondiali hanno smesso di acquistare titoli di Stato in modo indifferenziato e hanno preferito le emissioni Islandesi rispetto alle altre, proprio per la ritrovata qualità dei fondamenti dell’economia.

E noi italiani faremo come l'Islanda o accetteremo supinamente le misure della manovra di cui non si parla perché ci pare più importante il fatto che Fininvest deve pagare l'equivalente di 3 anni e mezzo dei propri utili alla CIR di De Benedetti? Gioiamo di quei tre anni e mezzo e non diciamo niente di quei cinque anni che le donne dovranno lavorare in più nel settore privato, o di quei quattro anni di blocco salariale dei dipendenti pubblici? Faremo come l'Islanda o accetteremo supinamente di pagare NOI i 1800miliardi di debito pubblico fatto da altri?

Temo che non faremo come gli islandesi... e il problema è che non faremo neppure come i greci che, almeno, si sono incazzati.

Nessun commento:

Posta un commento