martedì 14 giugno 2011

Amministrative e referendum: a che punto siamo...

Le ultime due tornate elettorali, elezioni amministrative in vari comuni e province italiane e i 4 referendum su acqua, nucleare e legittimo impedimento, hanno ridisegnato lo scenario politico italiano. Dopo le lelezoioni amministrative ho avuto una sensazione da "dopo Stalingrado": nonostante i sondaggi tarocchi la Federazione della Sinistra, i comunisti, ci sono ancora e sono probabilmente anche in, seppur leggera, ripresa. Non è poco, considerando l'oscuramento totale da parte dei media e i sondaggi che spesso ci annoveravano fra gli "altri" o che ci davano allo 0,8%.  E' bello, dopo tanto tempo, godersi un buon risultato, ma è anche meglio rimanere obiettivi e tenere presente che la "nuttata" ha ancora "da passa'".  Perché, come ho scritto in un post precedente, queste elezioni non le ha vinte la sinistra, le ha perse Berlusconi. Infatti buona parte della borghesia si è schierata a "sinistra": due nomi su tutti: Piero Bassetti e Massimo Moratti.
Ovvio come questo "schierarsi a sinistra" sia strumentale solo a cacciare Berlusconi. La sinistra infatti, non ha certo la forza né la capacità di esercitare egemonia su questa parte della grande borghesia. Quindi attenzione a vedere nella vittoria di candidati come De Magistris e Pisapia quello che non c'è. Questo l'ho scritto già in un precedente post. E infatti pochi giorni dopo D'Alema ripropone (impone) al suo partito l'alleanza con il terzo polo. Con un sostanziale benservito a Vendola: addio primarie e Vendola "è da Governo, ma la narrazione non basta, occorre un patto esigibile"... come dire: Vendola lo verificheremo. il Nichi nazionale rilancia, non senza malumori dentro SEL: "un partito unico fra PD e SEL, che si allei con il Terzo polo...". Intanto Pisapia a Milano presenta la sua giunta: dentro Tabacci (API, quindi terzo polo), uomo vicino all'industriale e politico democristiano di lungo corso Piero Bassetti, fuori la FDS, cui va la presidenza del Consiglio comunale. Fuori anche l'IDV. Piero Bassetti e il suo sfidante alle primarie, Valerio Onida, verranno messi alla testa di due "organi consultivi". Insomma: si corregge pesantemente il tiro: verso il centro. Certo, pare che la FDS milanese ci abbia messo del suo, fra veti incrociati e personalismi che ci sono purtroppo ben noti. Ma probabilmente Pisapia, non ha sofferto molto nell'effettuare la sua decisione salomonica. Probabilmente, di fronte a questa irresponsabile incapacità di arrivare a sintesi dentro la FDS, non è che si sia stracciato le vesti. Pisapia è il sindaco, e questa normativa sciagurata sui sindaci e sui presidenti delle province dà a questi la facoltà di nominare chi vogliono. Bastava che dicesse: "bene, visto che litigate, scelgo io e non rompetemi le scatole". Perché non l'ha fatto? Perché evidentemente il problema non era la litigiosità nella FDS, il problema è il segno politico che questa giunta doveva avere. La nostra insensata litigiosità ha solo reso più facile il compito. Del resto il neo-sindaco di Milano ha più volte ribadito: la giunta la faccio io, non i partiti. Frase al quanto singolare se detta da chi ha passato un paio di legislature a Montecitorio, grazie a un partito che si chiama "Partito della Rifondazione Comunista". Quello stesso partito che costitisce la spina dorsale di quella Federazione della Sinistra che oggi snobba. Insomma, dopo la sbornia da "Pisapia Day", abbiamo avuto un brutto risveglio. Ma utile a far capire che non c'è da dormire sugli allori: abbiamo vinto una battaglia (che evidentemente, purtroppo, non era la nostra "Stalingrado"), abbiamo resistito ad uno tsunami, ma l'asse politico del Paese non si è spostato garnché. Il Paese non è andato a sinistra, è solo stufo di Berlusconi. Con tutto ciò non voglio certo dire, alla Beppe Grillo, che Pisapia e la Moratti sono uguali. Ci mancherebbe! Mi limito a rilevare che, a mio parere, Pisapia opererà in un contesto di rapporti di forza politici, sociali,economici del tutto sfavorevoli ad una decisa "svolta a sinistra". E che si è comportato male. Penso di poterlo dire. Penso che sia legittimo criticare i nostri "miti". E che sarebbe ancora meglio non averne.
Non mi si venga a fare il pandant con De Magistris a Napoli che lascia fuori PD e SEL. PD e SEL al primo turno avevano appoggiato Morcone. De Magistris sceglie di dare riconoscimento solo a chi ne ha sostenuto dal primo momento la corsa, non a chi sale sul suo carro di vincitore. Fa esattamente l'opposto rispetto a Pisapia che premia il terzo polo, anziché chi l'ha sostenuto fin dalle primarie (e lo ha portato un paio di volte in Parlamento). E comunque dà subito dei segnali importanti: Tommaso Sodano, ex senatore di Rifondazione Comunista sarà vicesindaco con delega all'ambiente, si parla di Raphael Rossi, ex dirigente dell'Amiat di Torino che denunciò un tentativo di corruzione per l'acquisto di macchinari  alla dirigenza dell'azienda municipalizzata per la gestione dei rifiuti.
Veniamo ai referendum. Una vittoria importantissima, non c'è che dire. Faccio autocritica per non aver avuto grande fiducia nello strumento, convinto com'ero del non raggiungimento del quorum. Come FDS dovremmo fare autocritica nel non aver avuto il coraggio di raccogliere le firme per l'abolizione della legge 30. Oggi forse avremmo potuto festeggiare una vittoria in più. E i quattro referendum, che sarebbero stati cinque, avrebbero toccato tutti i temi necessari (lavoro, servizi pubblici, ambiente, giustizia) a fare un programma di governo. Ad ogni modo è stato dato un segnale chiaro nella direzione della difesa dell'acqua pubblica, del no al nucleare, della giustizia uguale per tuti. Ma anche qui attenzione ai gattopardi. Quanti privatizzatori sono saliti sul carro dei referendum? Quanto ha giocato nello strabiliante risultato (da tre lustri i referendum non raggiungevano il quorum... i SI al 95% dei voti, oltre la metà degli aventi diritto totali) la sensazione del plebiscito contro Berlusconi? Quel Berlusconi di cui TUTTI sono stufi, dai centri sociali a Confindustria? Certo, è giusto festeggiare, una volta tanto, una vittoria, che non ci capita spesso. E' ancora più giusto incassare il risultato: poco importa se nell'esito ha influito la voglia di mandare a casa il governo forse quanto (se non di più) del merito dei quesiti. Abbiamo portato a casa qualcosa di importante e, come si dice "cacio vinto non si rigioca". Ma anche qui, attenti a vedere nel referendum, come nel risultato delle amministrative qualcosa che non c'è. Ad esempio uno spostamento a sinistra del Paese, che mentre suona il de profundis a Berlusconi con una sinfonia in SI, rimane sostanzialmente indifferente al proprio coinvolgimento nella guerra contro la Libia. Ricordiamoci che l'opposizione alla guerra in Irak fu uno degli elementi forti di coesione del movimento nei primi anni 2000. Di tutto questo adesso non c'è traccia.
Non voglio sottovalutare i risultati importanti ottenuti negli ultimi mesi. Portiamoli a casa, mettiamoli a frutto: rappresentano comunque un avanzamento. Ma da qui a dire, come dicevo all'inizio, che la "nuttata" è passata ce ne corre. C'è ancora tanto da fare.

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