giovedì 9 ottobre 2014

Tre riflessioni per riprendere il filo

Riprendo la pubblicazione di post su questo blog dopo circa un anno e mezzo che, per vari motivi non mi facevo più sentire. Tanto ci sarebbe da dire e scrivere. Per non tediare troppo gli sparuti lettori mi limiterò a tre piccole riflessioni, scaturite da fatti di questi giorni.

PRIMA RIFLESSIONE
Dopo una movimentata riunione della direzione del PD il Presidente del Consiglio-Segretario del PD dichiara di aver "spianato" la minoranza interna colpevole di nutrire qualche riserva sul Job Act e in particolare sull'eliminazione delle tutele dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. 
"Spianare" a me pare una parola orrenda. Degna di un linguaggio da nazisti. Spianare il dissenso per poi dialogare con i "sopravvissuti", adeguatamente ricondotti alla ragione. Se il PD renziano prefigura l'Italia renziana ci dobbiamo aspettare un sistema dove le minoranze saranno tollerate solo in quanto disponibili a coprirsi il capo di cenere e a cedere su tutto, chiedendo scusa di esistere. Altrimenti verranno "spianate". Oddio, forse non è il caso di allarmarsi troppo. Del resto come non ricordare che Renzi, in gioventù, ai tempi degli scout e prima di fare il concorrente nei quiz nazional-popolari di Mike Bongiorno veniva chiamato "il Bomba", che indicava una certa propensione alle fanfaronate? Ed infatti, solo pochi mesi fa il nostro sosteneva di voler "asfaltare" Berlusconi, cosa che si è guardato bene dal fare. Anzi, ci cambia la costituzione assieme.

SECONDA RIFLESSIONE:
Il senatore Walter Tocci (PD) vota sì alla questione fiducia posta dal Governo durante il voto sul Job Act, poi si dimette da senatore, ma non dal PD. Ora, con tutto il rispetto per il travaglio personale e politico che il senatore Tocci starà vivendo in questi giorni, mi chiedo se non sarebbe stato più utile che il senatore Tocci non avesse votato contro la fiducia e non fosse rimasto in Senato a difendere le sue posizioni. Altrimenti è un po' come reggere il sacco durante una rapina e poi costituirsi, ma senza tradire la "banda". Il tutto, ovviamente prendendo per buono che il senatore Tocci lasci davvero il seggio. Sapete com'è, finché non vedo non credo. Le dimissioni devono essere approvate da Palazzo Madama, fino ad adesso hanno un valore nullo. E intanto il Matteo nazional-popolare ha già espresso grandi apprezzamenti per la correttezza e il senso di responsabilità di Walter Tocci. Magari, quindi, il Senato respinge le sue dimissioni e Tocci rimane al suo posto, dopo aver votato anche la fiducia. Come dire, far bella figura e spendere poco.

TERZA RIFLESSIONE:
Nel marasma generale in cui versa la sinistra che un tempo si chiamava "di alternativa" in Italia, fra patti degli apostoli e scissioni in casa d'altri che non avvengono; fra una Rifondazione Comunista sempre più isolata e sempre meno radicata, fra appelli alla ricostruzione del PCI pure belli ma mi pare un po' velleitari ho solo le seguenti certezze:
1) io sono comunista, non genericamente di sinistra. Posso pure stare in un soggetto che non si definisce "comunista" (meglio sarebbe se invece così si definisse, ma non voglio fare il settario), ma devo poterci stare "da comunista", senza che qualcuno cerchi di impedirmi di esserlo;
2) fare il comunista è utile se puoi stare fra le masse, se le masse ti ascoltano. Magari poi non ti votano, ma prestano interesse a quello che hai da dire. Non sei per loro solo un seccatore che vuole per forza lasciare un volantino o discutere con loro su qualcosa che non hanno voglia, tempo o interesse a discutere. Il comunista deve stare dove c'è la classe e ci deve stare a pieno titolo. Non come quegli sparuti gruppetti di militanti di microformazioni ultracomuniste di varia natura e ispirazione che affollano (si fa per dire) i margini delle grandi manifestazioni portando pettorine, tre bandiere per uno, lanciando cori pieni di frasi scarlatte che nessuno segue, cercando di diffondere i loro organi di agitazione rivoluzionaria fra gente che pur di evitarli finge di parlare al telefonino o di essere un turista straniero capitato lì per caso. Fare il comunista isolato e marginale è inutile; 
3) il mondo  non è compreso fra le Alpi e la Sicilia, fortunatamente è un po' più ampio. Anzi, diciamo pure che l'Italia è ormai un paese piuttosto marginale. L'orizzonte politico in cui si muove oggi un comunista, sia pure "medio" come me, non può prescindere da una valutazione di natura internazionale. Il mondo oggi non è normalizzato come avrebbe voluto il capitale all'indomani della caduta del muro di Berlino. L'Italia è sulla buona strada per esserlo, il mondo no. Tutt'altro. Un comunista oggi deve valutare quali siano i nemici reali dell'imperialismo (quelli reali, non quelli di comodo), deve valutare chi di essi prospetta un miglioramento delle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici (o aspiranti tali), dei popoli oppressi. Per questo credo che oggi un comunista debba stare in Brasile con Dilma Rousseff, in Palestina con i civili di Gaza, in Ucraina con chi si oppone ai seguaci di Stepan Bandera. E in Europa con il GUE (la sinistra unitaria del Parlamento Europeo), non con la Grossekoalition continentale PPE-PSE che ha imposto e gestisce le politiche di austerità.

1 commento:

  1. Ottimo pezzo. Dobbiamo rafforzare Rifondazione che tramite Tsipras è meno isolata di ieri

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