sabato 11 ottobre 2014

Davvero una brutta storia

Questo post non ha niente di politico. O forse sì, a seconda di cosa si intende per "politica".
Mi riferisco ad un fatto di cronaca avvenuto ormai qualche giorno fa che ha sollevato una notevole (comprensibilmente) eco mediatica. Tre uomini fra i 24 anni e i 30 trovano un ragazzino di 14 anni in un autolavaggio, dove aveva appena lavato il motorino. E' un po' sovrappeso. I tre gagliardi adulti iniziano a sfotterlo. Possiamo immaginare come lo avranno appellato. Già deve essere difficile per un ragazzo poco più che bambino trovarsi nel centro delle attenzioni di tre energumeni più grandi di lui. Ma a questi esseri spregevoli non basta. No, no, allo sfottò vogliono aggiungere pure la violenza. Non quella verbale, quella fisica. E così lo smutandano e uno dei tre adulti (pure padre di una bimba di due anni) infila un compressore nell'ano al bambino e lo aziona, mentre un altro di questi giovanotti riprende la scena col telefonino, magari da postare più tardi su un social-network. Non è necessario essere dei gommisti professionisti per sapere la potenza che un compressore può sviluppare. L'epilogo è scontato. Il bambino, ricoverato in gravissime condizioni, sopravviverà, rimanendo invalido tutta la vita. Il getto d'aria compressa gli ha irrimediabilmente distrutto il colon. Ora magari dimagrirà pure, e i tre energumeni saranno contenti.

Fin qui i fatti, già di per sé sconvolgenti. Eppure, quello che mi pare ancora più sconvolgente è stata la reazione dei genitori dei tre adulti. "Sono dei bravi ragazzi, non pensavano di fargli male. E' stato uno scherzo senza malizia". Verrebbe da dire: "speriamo che incontrino qualcuno che ignora cosa possa far male a loro", ma lasciamo perdere, cerchiamo di mantenere la lucidità. Atteniamoci alle parole dei genitori. "Non pensavano di fargli male". Come ho detto prima basta aver visto una volta un compressore in azione per capire che mettendolo nel sedere di una persona può fare male. "E' stato uno scherzo senza malizia": con che faccia si può affermare che infilare un tubo di gomma in culo a un bambino sia uno "scherzo senza malizia"? E' roba da esseri schifosi, anche senza azionare il compressore. Quindi, questi genitori come possono affermare che si tratta di "bravi ragazzi"? Va bene cercare di giustificare il proprio fallimento come genitori, va bene non voler ammettere di aver allevato un mostro. Ma a tutto c'è un limite. Un doloroso silenzio, se non si voleva arrivare a una pudica richiesta di perdono, era meglio. Invece l'unico silenzio che questi genitori riescono a esprimere è quello nei confronti della vittima: non una parola di pietà nei confronti di un bambino la cui vita sarà sconvolta dalla violenza di quel "bravo ragazzo senza malizia" di loro figlio. Ma il familismo amorale è più forte di qualsiasi cosa. Difendere i membri della famiglia, a qualunque costo, qualsiasi cosa, anche la più spregevole, abbiano fatto. 

Cerchiamo di mantenere la lucidità, dicevo. Chiunque di noi in cuor suo saprebbe esattamente come fare per dare una lezione a questi tre personaggi. Mi limito a dire che la vendetta, se comprensibile quando scaturisce dalla disperazione di una vittima di una simile violenza, non può provenire da uno stato di diritto. Lo stato deve punire, dare la certezza della pena, certo. Ma deve anche cercare di capire come certi mostri possano crescere e svilupparsi, arrivare a fare così tanto male. Possono essere richiamate in questo senso le condizioni di vita degradata in cui questi tre adulti sono cresciuti e vivono. Però anche qui, facciamo attenzione. Evitiamo il rischio opposto di trovare una spiegazione sociologica a tutto e tutti. Ci sono milioni di persone che vivono nella miseria più estrema che non per questo si comportano con una simile crudeltà nei confronti dei più deboli. Il problema è che oggi si vive nella società dell'irresponsabilità. E' sempre colpa di qualcos'altro o di qualcun'altro. Hai quasi ammazzato un ragazzino sparandogli aria compressa nel culo? Mica lo sapevo che gli facevo male! Guidavi ubriaco a 120 all'ora col telefonino e, dopo aver bucato un semaforo rosso hai ammazzato un pedone ignaro che attraversava la strada? Eh, è stata una disgrazia, purtroppo, maledette strade killer! Hai ucciso i genitori fingendo una rapina per prenderti l'eredità e poi sei andato a ballare per crearti un alibi? colpa della società che dà un valore eccessivo ai soldi, alla ricchezza! Hai stuprato una ragazza che non te la dava? Colpa di una cultura che riduce la donna ad oggetto e dell'idea sbagliata della sessualità trasmessa dalla pornografia! Lasci giocare tuo figlio preadolescente ai giardinetti con un pallone di cuoio che centra a tutta velocità un neonato in una carrozzina spaccandogli il nasino? Mica l'ha fatto apposta! Lasci libero il tuo pit-bull (che hai preventivamente addestrato ad essere feroce) che va quindi in giro ad azzannare i polpacci dei passanti? E che caspita mi è scappato, mica è colpa mia! del resto è una bestia, mica sa quello che fa! Cercare di capire come certi mostri siano cresciuti è necessario, per evitare che simili crudeltà di verifichino. Ed è vero che nascere in un quartiere degradato di una città ad alta densità di criminalità non è che ti aiuti a diventare una brava persona, con dei valori solidi. Ti può sfuggire una chiara distinzione fra bene e male. Ma è anche vero che c'è un limite oltre il quale chiunque sa bene che quello che fa è "male", un limite che deliberatamente si può scegliere di oltrepassare o no. Puoi essere cresciuto dove ti pare, nel modo più atroce possibile, ma certe cose lo sai lo stesso che sono "male". A prescindere dalla tua conoscenza delle leggi, delle norme di comportamento civile eccetera. Chi può dire di non sapere che la violenza su qualcuno più debole non è male? In quale società (umana o animale) del mondo ciò non è "male"? Quindi, se decidi di superare questo limite lo fai sapendo di farlo e quindi te ne devi assumere tutte le responsabilità. Ecco, la "responsabilità", prima ancora dell'educazione civica, andrebbe insegnata nelle scuole. Riuscire a trasmettere l'idea, fin da bambini, che ogni azione che si compie, buona o cattiva che sia ha delle conseguenze che, prima o poi dovremo affrontare, senza poterle scaricare su nessun'altro.

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