venerdì 2 luglio 2010

Africa: dopo il mondiale restano le tragedie


Il mondiale sudafricano si avvia verso la conclusione. Ritengo che sia stato importante la disputa del torneo di calcio più importante del mondo in una nazione africana e soprattutto in quella nazione africana che solo pochi lustri fa era caratterizzata da un sistema politico e sociale basato sull'apartheid e che oggi rappresenta un esempio di democrazia multietnica (almeno dal punto di vista politico, dal punto di vista sociale ed economico ne siamo ben lungi). E tutti abbiamo bene impressa in mente l'immagine di quel vecchio uomo di colore, segnato da decenni di carcere ai tempi della dittatura dei bianchi, che il 15 maggio 2004, al momento dell'assegnazione del mondiale 2010 al Sudafrica, la sua nazione, si precipita ad abbracciare la coppa del mondo felice come un bambino. Tutti abbiamo in mente il sorriso di Nelson Mandela che abbracciava il trofeo più ambito e ci è sembrato (o almeno a me è sembrato), che questo potesse essere l'emblema del riscatto di quel continente immenso, bellissimo, tragico e dimenticato che si chiama Africa. Quel continente che quando lo vedi per la prima volta ti rendi conto che fino al giorno prima non sapevi nulla di come funziona il mondo. Quel continente che ti si installa nell'anima e non ti lascia.
Ma al di là delle vuvuzelas, di waka waka, dei bafana bafana; al di là de fatto se le "stelle nere d'Africa", il Ghana, vinceranno o no, mi pare che questo mondiale (e non poteva essere altrimenti, forse) abbia solo contribuito a dare una verniciata al continente, coprendolo con una bella patina di colore vivace e sgargiante come gli abiti tradizionali africani. Tra poco il caravanserraglio della FIFA lascerà quel lembo d'Africa e l'Africa resterà sola di nuovo con le sue tragedie, senza che la coscenza dell'opinione pubblica mondiale abbia fatto passi in avanti su questi temi, senza che qualche capo di governo occidentale abbia (ri-)proposto la cancellazione del debito e (soprattutto) un nuovo sistema di rapporti intenazionali che impedisca la generazione di questo debito (altrimenti il giorno dopo la cancellazione del debito ci sarà nuovo debito).
Il 12 luglio l'Africa sarà quindi di nuovo sola con le sue tragedie: 35 milioni di persone che soffrono la fame; oltre 6 milioni di sfollati interni ( che vivono in baraccopoli fatiscenti) ed altri milioni di persone costrette ad abbandonare la loro terra d'origine per sfuggire alle guerre e alla povertà; bambini di sette anni rapiti dai signori della guerra, costretti ad uccidere e a praticare il cannibalismo nei confronti dei "nemici"; 2 milioni di bambini sotto i cinque anni morti ogni anno a causa della malaria; 250 milioni di persone che fanno i conti con la mancanza di acqua (che noi, allegramente pensiamo a privatizzare... incoscenti!!!); l'AIDS che in alcune zone infetta oltre il 30% della popolazione, mentre qualcuno ancora va in Africa a parlare del condom come strumento demoniaco; elites che vivono nel lusso mentre la gran parte degli uomini e delle donne di quel continente vive nella miseria e nell'ignoranza.
Spero di sbagliarmi, ma sono quasi convinto che sarà così. Che il 12 luglio ci saremo di nuovo dimenticati dell'Africa (dei cui drammi comunque nessuno sta parlando in questi giorni...), che ce ne ricoderemo solo per cercare un resort per le nostre vacanze, oppure quando vedremo alla Tv un bel documentario sul Serengeti o sul Kilimangiaro. O peggio per un po' di carità pelosa, per sentirci in pace con noi stessi. Magari acquistando un CD benefico di Bob Geldof, bravo artista specializzato nel trovare risposte semplicistiche a problemi molto complessi (tipo la coltivazione di biocarburante in un continente dove si muore di fame!), oppure lasciando la monetina del carrello al supermercato al vu' cumprà che viene ad aiutarci a caricare la spesa in macchina.

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