lunedì 31 maggio 2010

La Linke, il KKE ed il senso della realtà


Confesso che a volte trovo incomprensibile il dibattito nel mio partito. Non tanto per come si discute (oramai lo si fa molto via facebook o via blog, ma tant'è...), e neppure tanto per i temi di cui si discute, quanto per la pericolosa "scissione" fra il nostro dibattito e i bisogni delle classi che vogliamo rappresentare.

E' possibile, ad esempio, che in una situazione di crisi come quella attuale, a causa della quale centinaia di migliaia di lavoratori sono espulsi dai processi produttivi e sbattuti oltre la soglia di povertà, in cui il governo vara una manovra che causa un massacro sociale, tutela i ricchi e non scalfisce l'evasione fiscale, noi, i COMUNISTI, perdiamo tempo ed energie preziose (perché poche) in dibattiti attorno al fatto se sia meglio fare la Linke o se sia meglio seguire l'esempio del KKE? Non sto scherzando, basta girare un po' su internet per vedere che è così. Il nostro dibattito non è sulle proposte di lotta contro la manovra di Tremonti e Berlusconi, non è su una nostra contro-proposta in materia di politica -economica (sulla base della quale misurarsi anche con PD, IDV e SEL, magari...). Il nostro dibattito è fra chi vuole il partito comunista unificato quieora e chi invece propone il modello della Linke tedesca. Come se un modello organizzativo potesse di per sé stesso risolvere i nostri problemi, che sono invece di tutt'altro tipo. Con una facile battuta potrei dire che se dovesse esserre così, sceglierei a occhi chiusi: sia la Linke che il KKE hanno risultati elettorali, politici e organizzativi incommensurabilmente superiori ai nostri. Se bastasse assumere uno dei due modelli organizzativi per raggiungere questi risultati... beh... allora rilancerei: il nostro modello deve essere AKEL, il partito comunista cipriota che supera il 30% dei consensi elettorali e che esprime il Presidente della Repubblica: vediamo chi mi batte! (ovviamente non sono in gara i Partiti comunisti dei pochi paesi socialisti superstiti o sedicenti tali).

Cerco di calarmi nell'ottica del lavoratore cassintegrato, magari uno di quelli che fino a ieri si riteneva fortunato per avere un lavoro "fisso", a tempo indeterminato, con i propri diritti sindacali riconosciuti... un operaio che magari ha sempre votato a sinistra ma che non è mai stato organico al nostro partito e che oggi ha necessità di qualcuno che gli ri-insegni a lottare. Lottare per il proprio posto di lavoro, lottare per la propria prospettiva di vita, lottare contro le politiche antipopolari di Berlusconi. Un lavoratore che quindi, dopo aver tradito la sinistra nel 2008, si rende conto di quanto ha bisogno della sinistra e dei comunisti. Questo lavoratore allora si volta a guardarci, ad ascoltarci e cosa sente: che i pochi comunisti rimasti, quelli che hanno mantenuto una prospettiva anticapitalistica quando il capitalismo sembrava infallibile e indistruttibile, quelli che quindi partirebbero in vantaggio in un momento di profonda crisi del capitalismo, ebbene, quelli lì sono intenti a litigare sul fatto che sia migliore il KKE o la Linke. In subordine li vede litigare sul fatto che i comunisti debbano uscire da tutte le maggioranze di governo locali in cui sono impegnati o se debbano rimanerci. Ovviamente in assoluto, senza un riscontro di ciò che ci facciano o meno in quelle maggioranze.


Se questo lavoratore ci volta le spalle, questa volta definitivamente, lo posso capire. Probabilmente ha una idea confusa di cosa sono Linke e KKE, probabilmente non gli importa granché del fatto che i nostri compagni siano o meno nelle giunte degli enti locali. Probabilmente vorrebbe solo sentirsi dire che esiste un'altra possibilità, un'altra politica economica e che esiste qui e ora. Probabilmente vorrebbe incontrare dei compagni e delle compagne in carne ed ossa che siano in grado di ascoltarlo, di offrirgli una prospettiva politica e magari insieme di dargli una mano a risolvere il problema contingente.


Per questo da blog molto più letti di questo, seguito credo da qualche compagno e amico, ho sempre detto che a mio parere dovremmo cercare, come Federazione della Sinistra, cercare di caratterizzarci su poche questioni cruciali: il lavoro, i beni e servizi pubblici, il partito sociale. cercando magari nel contempo di riorganizzare le nostre file. Insomma: la costruzione del soggetto politico portatore di una cultura anticapitalista deve partire, appunto, dalla politica, cioè dal lavoro di radicamento e dall'elaborazione di una proposta anticapitalistica immediatamente percepibile ed "aasimilabile" da parte dei nostri soggetti sociali di riferimento. Dopo di che le condizioni determineranno la forma organizzativa più adatta. Dire "voglio fare il KKE o la Linke all'italiana" a prescindere dal contesto, solo per una preferenza ideologica e aprioristica per uno dei due modelli, vuol dire pensare di costruire un palazzo partendo dal tetto.


Ma soprattutto dovremmo cercare di attenerci ad un dibattito che abbia qualche punto di contatto con la realtà. Altrimenti la nostra inutilità non sarà data dal fatto che qualcuno farà l'appello al voto utile, dal fatto che rischiamo di non rientrare in Parlamento. La nostra inutilità sarà data dal fatto che saremo, davvero inutili. E anche un po' patetici: come quei gruppuscoli, ferrei nella loro convinzione di avere in tasca la verità (che però non riescono a guidarci al trionfo del socialismo, forse perché ci sono troppi falsi comunisti che turlupinano il proletariato... sembra di leggere i dispacci del PMLI!) che fanno dichiarazioni altisonanti sulla loro volontà di rifare il PCI. Dimostrando di non avere né il senso della realtà né il senso del ridicolo.


2 commenti:

  1. Il vero problema , di cui fa parte anche l'attuale "fare politica", è che la nostra società non stà vivendo una CRISI, perchè se fosse una crisi, noi ci troveremmo nella condizione di poter scegliere, una , due, tre , quattro strade innanzi a noi. Tant'è vero che se qualcuno ha studiato il greco, al liceo classico, sa benissimo che il termine "krisis" significa scelta e perchè si utilizza usualmente anche nel nostro modo di parlare: ... "oddio, mi trovo in crisi!" , perchè mi trovo in crisi, quando davanti a me ho una,due,tre, quatto possibilità.
    Al momento attuale noi non abbiamo alcuna possibilità e opzione, intesa come via di fuga, abbiamo solo uno stadio di emergenza, questo stadio di emergenza rischia di esplodere per quale motivo!, perchè non abbiamo più strumenti di natura macroeconomica per intervenire (almeno per l'Italia) ...
    La resa dei conti di Eugenio Benetazzo
    http://www.youtube.com/watch?v=p_IUucugZ8g

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  2. Di seguito il commento, pubblicato su facebook, di Leonardo Masella.
    " Condivido totalmente, Roberto. E non discutiamo invece su quale linea politica costruire una forza politica antagonista al capitalismo. E' una roba da matti ! E' la linea politica che definisce, caratterizza, identitifica qualunque forza politica, non l'autodefinizione di s... Mostra tuttoè. Il nome "comunista" (e anche il termine "sinistra") oggi in Italia non è più come 30 anni fa o soli 10 anni fa. Basta la parola (come recitava una vecchia pubblicità) ! Non è più così. Purtroppo. O quel nome viene associato ad una linea politica e soprattutto ad una prassi conseguente, tali da rigenerare fiducia e credibilità non dico fra le masse ma almeno fra le "avanguardie" di lotta, dopo il crollo di credibilità della partecipazione all'ultimo governo Prodi, oppure ci potremo chiamare come vogliamo ma ci esauriremo del tutto rapidissimamente e spariremo nella memoria dei compagni anziani e nei musei. E per riconquistare credibilità non basta affatto l'unità (nello schemino dei cerchi concentrici) se questa in ogni cerchio è vuota di contenuti ed è autoreferenziale. Il Prc e il Pdci non sono mai stati così uniti come nel governo Prodi, dicevano e facevano quasi sempre le stesse cose. Eppure la loro credibilità non è mai stata cosi' bassa come in quel periodo. Assieme all'unità serve una linea giusta ! O l'unità della sinistra e dei comunisti avviene su una linea giusta, cioè in grado di rappresentare qualcosa di chiaramente diverso dalle altre forze del centro-sinistra (come è stata fondamentalmente Rifondazione Comunista dal 1991 al 2006) oppure non riprenderemo mai credibilità, consensi elettorali, passione e militanza organizzata. Se la nostra linea politica non è chiaramente riconoscibile (come è stata nei tempi migliori per il No "senza se e senza ma", cioè senza sconti e senza troppe prudenze diplomatiche, alla guerra e al liberismo), ma si confonde con il Pd o con Sel, non si vede perchè dovrebbero votare per noi e non per Sel o direttamente per il Pd. Mi ricordo che nei tempi migliori anche gli avversari o chi votava per i Ds quando ti incontrava per strada, nei banchetti, nei volantinaggi, ti diceva "anche se non sono d'accordo con voi, vi riconosco la vostra grande coerenza". La coerenza (fra il dire e il fare, fra quando sei all'opposizione e quando sei al governo) è la causa prima della fiducia e credibilità popolare. Secondo me la caratterizzazione e la coerenza sono le cause principali dei consensi elettorali sia della Linke che del Kke, con tutte le loro grandissime differenze. Peraltro, come dici tu noi ci dividiamo fra chi vorrebbe essere come la Linke e chi come il Kke, ma faccio notare che sia la Linke che il Kke (così come tutte le forze della sinistra alternativa europea esistenti, forse tranne Isquierda Unida che infatti su una linea di subaletrnità al Psoe è scomparsa) hanno un punto in comune: una linea politica caratterizzata da una diversità netta, quando non una contrapposizione, con le forze socialdemocratiche dei loro rispettivi paesi. Ovviamente non basta una caratterizzazione antagonista e fortemente diversa dal Pd, perchè altrimenti con questo criterio il Pcl di Ferrando sarebbe già al 45%, serve anche la credibilità di essere abbastanza forti e quindi capaci di unire e aggregare. Per questo Si a entrambe le cose: Si alla Federazione unitaria della sinistra, Si perchè questa sia chiaramente diversa dalle altre forze del centro-sinistra. Questa dovrebbe essere la discussione da fare."

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